Fiorella, colonna portante della comunità parrocchiale dei santi Cosma e Damiano ha terminato la sua corsa. Una semplice cristiana, una credente credibile, animatrice al servizio della catechesi, della liturgia e della carità in tante forme, sia tradizionali che innovative e creative, suggeritele dalla fantasia dello Spirito. Una testimone con la sua presenza, non solo in chiesa, magari anche al parco con le babysitter come lei, e le mamme, e i bambini: ogni occasione era buona per parlare di Gesù.
Ho incrociato Fiorella in quello che ritengo un bivio importante della sua vita, e della mia. La conoscevo come una gentile ed elegante signora che vedevo alla messa. Così.. "A te piacciono tanto i bambini, che ne diresti di fare catechismo?" Eravamo nella piazzetta sotto casa, i figli giocavano e l'urgenza di trovare catechiste nuove per la parrocchia mi aveva spinto ad osare quella domanda. Fiorella aveva reagito quasi con imbarazzo, non ci aveva mai pensato, ma aveva detto subito di sì, si era buttata nell'avventura e la fede, sempre coltivata, ha divampato, l'ha fatta splendere. Gli esercizi spirituali, le letture, "dall'alba al tramonto", la messa quotidiana, hanno trasformato il suo essere, anche esternamente: ha cominciato a rinunciare al trucco, ai gioielli, ai vestiti eleganti e ai discorsi vani, e si è ritrovata a spiegare, anche se spesso non era capìta, il cambiamento che l'Amore di Dio stava operando in lei. Cuore a cuore, in tante confidenze ho toccato la Grazia che emanava, la passione, la vitalità.
Fiorella correva, Fiorella abbracciava, forte. Il suo innato amore per i bambini si è allargato a comprendere tutti i "piccoli", gli anziani, i poveri, ha avvicinato le persone in ogni loro necessità. Con una mitezza, un'umiltà che a volte quasi mi irritava per quanto era esagerata. Amore esagerato.
Cuore puro, Fiorella ha amato il prossimo PIÙ di sé stessa. La malattia l'ha liberata da ogni zavorra, Fiorella vola fra le braccia di Dio. Sì, è nelle braccia del Padre per sempre, non più viva ma eternamente vivente.
Stefania Felici
Quasi un anno fa, lei ci ha mandato questa "testimonianza"... di "offerta"...per me inimitabile, ed ora con Gesù e Maria continua a starci vicino... a pregare per noi: Grazie Signore per questa Santa sorella tra noi ❤️
Ho incrociato Fiorella in quello che ritengo un bivio importante della sua vita, e della mia. La conoscevo come una gentile ed elegante signora che vedevo alla messa. Così.. "A te piacciono tanto i bambini, che ne diresti di fare catechismo?" Eravamo nella piazzetta sotto casa, i figli giocavano e l'urgenza di trovare catechiste nuove per la parrocchia mi aveva spinto ad osare quella domanda. Fiorella aveva reagito quasi con imbarazzo, non ci aveva mai pensato, ma aveva detto subito di sì, si era buttata nell'avventura e la fede, sempre coltivata, ha divampato, l'ha fatta splendere. Gli esercizi spirituali, le letture, "dall'alba al tramonto", la messa quotidiana, hanno trasformato il suo essere, anche esternamente: ha cominciato a rinunciare al trucco, ai gioielli, ai vestiti eleganti e ai discorsi vani, e si è ritrovata a spiegare, anche se spesso non era capìta, il cambiamento che l'Amore di Dio stava operando in lei. Cuore a cuore, in tante confidenze ho toccato la Grazia che emanava, la passione, la vitalità.
Fiorella correva, Fiorella abbracciava, forte. Il suo innato amore per i bambini si è allargato a comprendere tutti i "piccoli", gli anziani, i poveri, ha avvicinato le persone in ogni loro necessità. Con una mitezza, un'umiltà che a volte quasi mi irritava per quanto era esagerata. Amore esagerato.
Cuore puro, Fiorella ha amato il prossimo PIÙ di sé stessa. La malattia l'ha liberata da ogni zavorra, Fiorella vola fra le braccia di Dio. Sì, è nelle braccia del Padre per sempre, non più viva ma eternamente vivente.
Stefania Felici
Quasi un anno fa, lei ci ha mandato questa "testimonianza"... di "offerta"...per me inimitabile, ed ora con Gesù e Maria continua a starci vicino... a pregare per noi: Grazie Signore per questa Santa sorella tra noi ❤️

settimana_santa_in_famiglia.pdf | |
File Size: | 1687 kb |
File Type: |
San Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) ha voluto che la seconda Domenica di Pasqua fosse denominata Domenica della Divina Misericordia(Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Decreto Misericors et miserator, 5 Maggio 2000).
Il culto della Divina Misericordia è legato a >>> Suor Faustina Kowalska, la mistica polacca proclamata santa nel corso dell’Anno Santo del 2000, di cui il Beato è stato un fervente devoto, come testimonia la sua seconda Enciclica Dives in misericordia scritta nel 1980 e dedicata alla Divina misericordia.
Nel citato Decreto sono previsti tutti i casi per beneficiare della
Indulgenza plenaria o parziale :
« [...] Il Sommo Pontefice pertanto, animato da ardente desiderio di favorire al massimo nel popolo cristiano questi sensi di pietà verso la Divina Misericordia, a motivo dei ricchissimi frutti spirituali che da ciò si possono sperare, nell’Udienza concessa il giorno 13 giugno 2002 ai sottoscritti Responsabili della Penitenzieria Apostolica, Si è degnato di largire Indulgenze nei termini che seguono:
Si concede l'Indulgenza plenaria alle consuete condizioni(Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice) al fedele che nella Domenica seconda di Pasqua, ovvero della Divina Misericordia, in qualunque chiesa o oratorio, con l'animo totalmente distaccato dall'affetto verso qualunque peccato, anche veniale, partecipi a pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, o almeno reciti, alla presenza del SS. Sacramento dell'Eucaristia, pubblicamente esposto o custodito nel tabernacolo, il Padre Nostro e il Credo, con l'aggiunta di una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p. e. “Gesù Misericordioso, confido in Te”).
Si concede l'Indulgenza parziale al fedele che, almeno con cuore contrito, elevi al Signore Gesù Misericordioso una delle pie invocazioni legittimamente approvate.
Inoltre i naviganti, che compiono il loro dovere nell'immensa distesa del mare; gli innumerevoli fratelli, che i disastri della guerra, le vicende politiche, l'inclemenza dei luoghi ed altre cause del genere, hanno allontanato dal suolo patrio; gli infermi e coloro che li assistono e tutti coloro che per giusta causa non possono abbandonare la casa o svolgono un'attività non differibile a vantaggio della comunità, potranno conseguire l'Indulgenza plenaria nella Domenica della Divina Misericordia, se con totale detestazione di qualunque peccato, come è stato detto sopra, e con l'intenzione di osservare, non appena sarà possibile, le tre consuete condizioni, reciteranno, di fronte ad una pia immagine di Nostro Signore Gesù Misericordioso, ilPadre Nostro e il Credo, aggiungendo una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p.e. "Gesù Misericordioso, confido in Te").
Se neanche questo si potesse fare, in quel medesimo giorno potranno ottenere l'Indulgenza plenaria quanti si uniranno con l'intenzione dell'animo a coloro che praticano nel modo ordinario l'opera prescritta per l'Indulgenza e offriranno a Dio Misericordioso una preghiera e insieme le sofferenze delle loro infermità e gli incomodi della propria vita, avendo anch'essi il proposito di adempiere non appena possibile le tre condizioni prescritte per l'acquisto dell'Indulgenza plenaria.
I sacerdoti, che svolgono il ministero pastorale, soprattutto i parroci, informino nel modo più conveniente i loro fedeli di questa salutare disposizione della Chiesa, si prestino con animo pronto e generoso ad ascoltare le loro confessioni, e nella Domenica della Divina Misericordia, dopo la celebrazione della Santa Messa o dei Vespri, o durante un pio esercizio in onore della Divina Misericordia, guidino, con la dignità propria del rito, la recita delle preghiere qui sopra indicate; infine, essendo “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7), nell'impartire la catechesi spingano soavemente i fedeli a praticare con ogni possibile frequenza opere di carità o di misericordia, seguendo l'esempio e il mandato di Cristo Gesù, come è indicato nella seconda concessione generale dell'Enchiridion Indulgentiarum (Manuale delle indulgenze). »
Il presente Decreto ha vigore perpetuo. Nonostante qualunque contraria disposizione.
Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 29 giugno 2002, nella solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo 2002.
Luigi De Magistris Arcivescovo tit. di Nova Pro-Penitenziere Maggiore
Gianfranco Girotti, O.F.M. Conv. Reggente
Fonte principale: vatican.va (“RIV./gpm”).
IL PERDONO DI ASSISI
COME OTTENERE L'INDULGENZA PLENARIA DEL PERDONO DI ASSISI
(Per sé o per i defunti)

Dal mezzogiorno del primo agosto alla mezzanotte del giorno seguente (2 agosto), oppure, col permesso dell'Ordinario (Vescovo), nella domenica precedente o seguente (a decorrere dal mezzogiorno del sabato fino alla mezzanotte della domenica) si può lucrare una volta sola l'indulgenza plenaria.
CONDIZIONI RICHIESTE:
1 - Visita, entro il tempo prescritto, a una chiesa Cattedrale o Parrocchiale o ad altra che ne abbia l'indulto e recita del “Padre Nostro” (per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo) e del “Credo” (con cui si rinnova la propria professione di fede).
2 - Confessione Sacramentale per essere in Grazia di Dio (negli otto giorni precedenti o seguenti).
3 - Partecipazione alla Santa Messa e Comunione Eucaristica.
4 - Una preghiera secondo le intenzioni del Papa (almeno un “Padre Nostro” e un'“Ave Maria” o altre preghiere a scelta), per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice.
5 - Disposizione d'animo che escluda ogni affetto al peccato, anche veniale.
Le condizioni di cui ai nn. 2, 3 e 4 possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti quello in cui si visita la chiesa; tuttavia è conveniente che la Santa Comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Papa siano fatte nello stesso giorno in cui si compie la visita.
L'INDULGENZA: che cosa è?
I peccati non solo distruggono o feriscono la comunione con Dio, ma compromettono anche l'equilibrio interiore della persona e il suo ordinato rapporto con le creature. Per un risanamento totale, non occorrono solo il pentimento e la remissione delle colpe, ma anche una riparazione del disordine provocato, che di solito continua a sussistere. In questo impegno di purificazione il penitente non è isolato. Si trova inserito in un mistero di solidarietà, per cui la santità di Cristo e dei santi giova anche a lui. Dio gli comunica le grazie da altri meritate con l'immenso valore della loro esistenza, per rendere più rapida ed efficace la sua riparazione. La Chiesa ha sempre esortato i fedeli a offrire preghiere, opere buone e sofferenze come intercessione per i peccatori e suffragio per i defunti.
Nei primi secoli i Vescovi riducevano ai penitenti la durata e il rigore della penitenza pubblica per intercessione dei testimoni della fede sopravvissuti ai supplizi. Progressivamente è cresciuta la consapevolezza che il potere di legare e sciogliere, ricevuto dal Signore, include la facoltà di liberare i penitenti anche dei residui lasciati dai peccati già perdonati, applicando loro i meriti di Cristo e dei santi, in modo da ottenere la grazia di una fervente carità. I pastori concedono tale beneficio a chi ha le dovute disposizioni interiori e compie alcuni atti prescritti. Questo loro intervento nel cammino penitenziale è la concessione dell'indulgenza.
(C.E.l. - Catechismo degli adulti, n. 710)
COME SAN FRANCESCO CHIESE ED OTTENNE
L'INDULGENZA DEL PERDONO
Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l'altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore!
Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Signore, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe". "Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande - gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".
E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: "Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: "Padre Santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: "Come, non vuoi nessun documento?". E Francesco: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento: questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni".
E qualche giorno più tardi, insieme ai Vescovi dell'Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!".
COME OTTENERE L'INDULGENZA PLENARIA DEL PERDONO DI ASSISI
(Per sé o per i defunti)

Dal mezzogiorno del primo agosto alla mezzanotte del giorno seguente (2 agosto), oppure, col permesso dell'Ordinario (Vescovo), nella domenica precedente o seguente (a decorrere dal mezzogiorno del sabato fino alla mezzanotte della domenica) si può lucrare una volta sola l'indulgenza plenaria.
CONDIZIONI RICHIESTE:
1 - Visita, entro il tempo prescritto, a una chiesa Cattedrale o Parrocchiale o ad altra che ne abbia l'indulto e recita del “Padre Nostro” (per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo) e del “Credo” (con cui si rinnova la propria professione di fede).
2 - Confessione Sacramentale per essere in Grazia di Dio (negli otto giorni precedenti o seguenti).
3 - Partecipazione alla Santa Messa e Comunione Eucaristica.
4 - Una preghiera secondo le intenzioni del Papa (almeno un “Padre Nostro” e un'“Ave Maria” o altre preghiere a scelta), per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice.
5 - Disposizione d'animo che escluda ogni affetto al peccato, anche veniale.
Le condizioni di cui ai nn. 2, 3 e 4 possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti quello in cui si visita la chiesa; tuttavia è conveniente che la Santa Comunione e la preghiera secondo le intenzioni del Papa siano fatte nello stesso giorno in cui si compie la visita.
L'INDULGENZA: che cosa è?
I peccati non solo distruggono o feriscono la comunione con Dio, ma compromettono anche l'equilibrio interiore della persona e il suo ordinato rapporto con le creature. Per un risanamento totale, non occorrono solo il pentimento e la remissione delle colpe, ma anche una riparazione del disordine provocato, che di solito continua a sussistere. In questo impegno di purificazione il penitente non è isolato. Si trova inserito in un mistero di solidarietà, per cui la santità di Cristo e dei santi giova anche a lui. Dio gli comunica le grazie da altri meritate con l'immenso valore della loro esistenza, per rendere più rapida ed efficace la sua riparazione. La Chiesa ha sempre esortato i fedeli a offrire preghiere, opere buone e sofferenze come intercessione per i peccatori e suffragio per i defunti.
Nei primi secoli i Vescovi riducevano ai penitenti la durata e il rigore della penitenza pubblica per intercessione dei testimoni della fede sopravvissuti ai supplizi. Progressivamente è cresciuta la consapevolezza che il potere di legare e sciogliere, ricevuto dal Signore, include la facoltà di liberare i penitenti anche dei residui lasciati dai peccati già perdonati, applicando loro i meriti di Cristo e dei santi, in modo da ottenere la grazia di una fervente carità. I pastori concedono tale beneficio a chi ha le dovute disposizioni interiori e compie alcuni atti prescritti. Questo loro intervento nel cammino penitenziale è la concessione dell'indulgenza.
(C.E.l. - Catechismo degli adulti, n. 710)
COME SAN FRANCESCO CHIESE ED OTTENNE
L'INDULGENZA DEL PERDONO
Una notte dell'anno del Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima luce e Francesco vide sopra l'altare il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore!
Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Signore, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe". "Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande - gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".
E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: "Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: "Padre Santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo chiamò: "Come, non vuoi nessun documento?". E Francesco: "Santo Padre, a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento: questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni".
E qualche giorno più tardi, insieme ai Vescovi dell'Umbria, al popolo convenuto alla Porziuncola, disse tra le lacrime: "Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!".
Solennità della Santissima Trinità 2017
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio».
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio».
LA BISACCIA DEL CERCATORE DI TONINO BELLO
Lo Sapevi?
SAN LIBERIO Venerato ad Ancona
San Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) ha voluto che la seconda Domenica di Pasqua fosse denominata Domenica della Divina Misericordia (Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Decreto Misericors et miserator, 5 Maggio 2000).
Il culto della Divina Misericordia è legato a >>> Suor Faustina Kowalska, la mistica polacca proclamata santa nel corso dell’Anno Santo del 2000, di cui il Beato è stato un fervente devoto, come testimonia la sua seconda Enciclica Dives in misericordia scritta nel 1980 e dedicata alla Divina misericordia.
Nel citato Decreto sono previsti tutti i casi per beneficiare della
Indulgenza plenaria o parziale :
« [...] Il Sommo Pontefice pertanto, animato da ardente desiderio di favorire al massimo nel popolo cristiano questi sensi di pietà verso la Divina Misericordia, a motivo dei ricchissimi frutti spirituali che da ciò si possono sperare, nell’Udienza concessa il giorno 13 giugno 2002 ai sottoscritti Responsabili della Penitenzieria Apostolica, Si è degnato di largire Indulgenze nei termini che seguono:
Si concede l'Indulgenza plenaria alle consuete condizioni (Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice) al fedele che nella Domenica seconda di Pasqua, ovvero della Divina Misericordia, in qualunque chiesa o oratorio, con l'animo totalmente distaccato dall'affetto verso qualunque peccato, anche veniale, partecipi a pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, o almeno reciti, alla presenza del SS. Sacramento dell'Eucaristia, pubblicamente esposto o custodito nel tabernacolo, il Padre Nostro e il Credo, con l'aggiunta di una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p. e. “Gesù Misericordioso, confido in Te”).
Si concede l'Indulgenza parziale al fedele che, almeno con cuore contrito, elevi al Signore Gesù Misericordioso una delle pie invocazioni legittimamente approvate.
Inoltre i naviganti, che compiono il loro dovere nell'immensa distesa del mare; gli innumerevoli fratelli, che i disastri della guerra, le vicende politiche, l'inclemenza dei luoghi ed altre cause del genere, hanno allontanato dal suolo patrio; gli infermi e coloro che li assistono e tutti coloro che per giusta causa non possono abbandonare la casa o svolgono un'attività non differibile a vantaggio della comunità, potranno conseguire l'Indulgenza plenaria nella Domenica della Divina Misericordia, se con totale detestazione di qualunque peccato, come è stato detto sopra, e con l'intenzione di osservare, non appena sarà possibile, le tre consuete condizioni, reciteranno, di fronte ad una pia immagine di Nostro Signore Gesù Misericordioso, il Padre Nostro e il Credo, aggiungendo una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p.e. "Gesù Misericordioso, confido in Te").
Se neanche questo si potesse fare, in quel medesimo giorno potranno ottenere l'Indulgenza plenaria quanti si uniranno con l'intenzione dell'animo a coloro che praticano nel modo ordinario l'opera prescritta per l'Indulgenza e offriranno a Dio Misericordioso una preghiera e insieme le sofferenze delle loro infermità e gli incomodi della propria vita, avendo anch'essi il proposito di adempiere non appena possibile le tre condizioni prescritte per l'acquisto dell'Indulgenza plenaria.
I sacerdoti, che svolgono il ministero pastorale, soprattutto i parroci, informino nel modo più conveniente i loro fedeli di questa salutare disposizione della Chiesa, si prestino con animo pronto e generoso ad ascoltare le loro confessioni, e nella Domenica della Divina Misericordia, dopo la celebrazione della Santa Messa o dei Vespri, o durante un pio esercizio in onore della Divina Misericordia, guidino, con la dignità propria del rito, la recita delle preghiere qui sopra indicate; infine, essendo “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7), nell'impartire la catechesi spingano soavemente i fedeli a praticare con ogni possibile frequenza opere di carità o di misericordia, seguendo l'esempio e il mandato di Cristo Gesù, come è indicato nella seconda concessione generale dell'Enchiridion Indulgentiarum (Manuale delle indulgenze). »
Il presente Decreto ha vigore perpetuo. Nonostante qualunque contraria disposizione.
Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 29 giugno 2002, nella solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo 2002.
Luigi De Magistris Arcivescovo tit. di Nova Pro-Penitenziere Maggiore
Gianfranco Girotti, O.F.M. Conv. Reggente
Il culto della Divina Misericordia è legato a >>> Suor Faustina Kowalska, la mistica polacca proclamata santa nel corso dell’Anno Santo del 2000, di cui il Beato è stato un fervente devoto, come testimonia la sua seconda Enciclica Dives in misericordia scritta nel 1980 e dedicata alla Divina misericordia.
Nel citato Decreto sono previsti tutti i casi per beneficiare della
Indulgenza plenaria o parziale :
« [...] Il Sommo Pontefice pertanto, animato da ardente desiderio di favorire al massimo nel popolo cristiano questi sensi di pietà verso la Divina Misericordia, a motivo dei ricchissimi frutti spirituali che da ciò si possono sperare, nell’Udienza concessa il giorno 13 giugno 2002 ai sottoscritti Responsabili della Penitenzieria Apostolica, Si è degnato di largire Indulgenze nei termini che seguono:
Si concede l'Indulgenza plenaria alle consuete condizioni (Confessione sacramentale, Comunione eucaristica e preghiera secondo l'intenzione del Sommo Pontefice) al fedele che nella Domenica seconda di Pasqua, ovvero della Divina Misericordia, in qualunque chiesa o oratorio, con l'animo totalmente distaccato dall'affetto verso qualunque peccato, anche veniale, partecipi a pratiche di pietà svolte in onore della Divina Misericordia, o almeno reciti, alla presenza del SS. Sacramento dell'Eucaristia, pubblicamente esposto o custodito nel tabernacolo, il Padre Nostro e il Credo, con l'aggiunta di una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p. e. “Gesù Misericordioso, confido in Te”).
Si concede l'Indulgenza parziale al fedele che, almeno con cuore contrito, elevi al Signore Gesù Misericordioso una delle pie invocazioni legittimamente approvate.
Inoltre i naviganti, che compiono il loro dovere nell'immensa distesa del mare; gli innumerevoli fratelli, che i disastri della guerra, le vicende politiche, l'inclemenza dei luoghi ed altre cause del genere, hanno allontanato dal suolo patrio; gli infermi e coloro che li assistono e tutti coloro che per giusta causa non possono abbandonare la casa o svolgono un'attività non differibile a vantaggio della comunità, potranno conseguire l'Indulgenza plenaria nella Domenica della Divina Misericordia, se con totale detestazione di qualunque peccato, come è stato detto sopra, e con l'intenzione di osservare, non appena sarà possibile, le tre consuete condizioni, reciteranno, di fronte ad una pia immagine di Nostro Signore Gesù Misericordioso, il Padre Nostro e il Credo, aggiungendo una pia invocazione al Signore Gesù Misericordioso (p.e. "Gesù Misericordioso, confido in Te").
Se neanche questo si potesse fare, in quel medesimo giorno potranno ottenere l'Indulgenza plenaria quanti si uniranno con l'intenzione dell'animo a coloro che praticano nel modo ordinario l'opera prescritta per l'Indulgenza e offriranno a Dio Misericordioso una preghiera e insieme le sofferenze delle loro infermità e gli incomodi della propria vita, avendo anch'essi il proposito di adempiere non appena possibile le tre condizioni prescritte per l'acquisto dell'Indulgenza plenaria.
I sacerdoti, che svolgono il ministero pastorale, soprattutto i parroci, informino nel modo più conveniente i loro fedeli di questa salutare disposizione della Chiesa, si prestino con animo pronto e generoso ad ascoltare le loro confessioni, e nella Domenica della Divina Misericordia, dopo la celebrazione della Santa Messa o dei Vespri, o durante un pio esercizio in onore della Divina Misericordia, guidino, con la dignità propria del rito, la recita delle preghiere qui sopra indicate; infine, essendo “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5, 7), nell'impartire la catechesi spingano soavemente i fedeli a praticare con ogni possibile frequenza opere di carità o di misericordia, seguendo l'esempio e il mandato di Cristo Gesù, come è indicato nella seconda concessione generale dell'Enchiridion Indulgentiarum (Manuale delle indulgenze). »
Il presente Decreto ha vigore perpetuo. Nonostante qualunque contraria disposizione.
Roma, dalla sede della Penitenzieria Apostolica, il 29 giugno 2002, nella solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo 2002.
Luigi De Magistris Arcivescovo tit. di Nova Pro-Penitenziere Maggiore
Gianfranco Girotti, O.F.M. Conv. Reggente
NEL DESERTO PER IMPARARE LA LIBERTA' LOTTANDO CON CRISTO NELLA TENTAZIONE.
Inizia la quaresima, tempo forte e favorevole per allenarci a vivere. I quaranta giorni che ci attendono, infatti, sono immagine della vita terrena, mentre i cinquanta del tempo Pasquale lo sono di quella celeste.
Per giungere al Cielo occorre vivere bene sulla terra. Ma che significa vivere bene? significa vivere autenticamente, essendo quello che siamo. Al contrario, vivere male significa vivere ipocritamente, essendo quello che non siamo.
Già, ma chi siamo? Molti sono convinti di conoscersi ma non è così. Per diradare la brina della menzogna e la nebbia dell’illusione è necessario andare in un luogo “asciutto”, tanto secco da non esserci acqua.
Il deserto, ecco il posto adatto. È qui che questa domenica la chiesa ci conduce con amore, per riportarci alla realtà nella quale viviamo. É nostra madre e ci conosce perché è l’unica ad avere un’ antropologia autentica, quella rivelata da Dio.
Questa ci dice che l’ uomo vive nel deserto perché ha perduto il Paradiso. Insinuando nel cuore il dubbio sull’ amore di Dio, il serpente ha ingannato Adamo ed Eva spingendoli a cercare se stessi e la propria realizzazione tagliando con Lui.
Cedendo all’orgoglio sollecitato dalla menzogna del demonio si sono ribellati a Dio credendo così di autodeterminarsi. Ma non erano diventati come Lui, anzi. Tagliando con la fonte della vita hanno invece sperimentato la morte. E si sono accorti di essere nudi, il segno che avevano perduto la propria identità.
Per questo si sono nascosti, stretti dalla paura. Erano precipitati nell’assurdo che capovolge l’esistenza di ogni uomo: avevano paura di Dio e del suo amore. Ma così non si può vivere.
Ecco, scacciati dal Paradiso erano finiti in un “deserto”. Non sapevano più chi fossero, condannati a faticare e sudare nell’illusione di poter “trasformare le pietre in pane”; obbligati dall’incapacità di accettare la realtà di dolore e sacrificio, a cercare “pinnacoli” da cui gettarsi, qualcosa di straordinario che cambi la storia; “prostrati” davanti al demonio perché schiavi delle concupiscenze che cercano negli idoli del mondo la sazietà.
È la nostra vita di ogni giorno, un deserto inospitale. E quella voce maligna che continua a sibilare quel “se” che ci infilza il cuore: “Se sei figlio di Dio”. È proprio qui, nel deserto, che l’avversario continua a tentarci. D’altronde è il suo territorio, lontano da Dio, senza vita.
E non c’è nulla da fare, continuiamo a soccombere. Non possiamo resistergli, “se” vivessimo da figli di Dio non staremmo qui ma a casa di nostro Padre. Nel deserto vivono i figli di questo mondo, schiavi del peccato e, per questo, incapaci di amare oltre la carne.
Si, perché se non è per amore, non si può pazientare e rispettare l’altro. Le “pietre” devono diventare pane, anche il cuore della moglie che è adirato e non ne vuole sapere di donarsi. Anche il carattere del figlio indurito dallo sforzo di crescere. Anche la testa del capo ufficio che ce l’ha con noi e non ci vuol dare queste ferie che ci spettano.
Tutto deve saziarci, subito. La storia che non ci soddisfa non può restare com’è, deve cambiare. Per questo ci issiamo sui “pinnacoli” sperando che, facendo qualcosa di speciale, gli altri si accorgano di noi, cosi da imprimere finalmente una svolta in famiglia, al lavoro, a scuola. Quanti ragazzi si deturpano il corpo e si spingono al limite con alcool e droghe, pur di sfuggire alla monotonia.
Non viviamo come figli di Dio, e per questo ci prostriamo al nostro patrigno, il demonio, che, in cambio di piaceri effimeri che sfuggono in un baleno senza saziarci, ci obbliga a servirlo nelle malvagità. I giudizi, le
gelosie, i rancori, la lussuria e l’avarizia sono i liquami che sboccano da un cuore ridotto a cloaca perché inquinato dalla menzogna.
Ebbene proprio qui, in questo deserto nel quale abbiamo smesso d’essere quello che siamo, è sceso Gesù. E scende ancora, oggi e in questa Quaresima. Lui è Figlio, non ha mai smarrito la sua identità, neanche sulla Croce e nella tomba. Per questo è risorto e viene a consegnarci di nuovo la dignità e la natura di figli che abbiamo perduto.
Abbiamo bisogno di Cristo, che ci doni di partecipare alla sua vittoria sul peccato. Solo così potremo attraversare questa vita come un esodo verso la terra promessa. La quaresima ci aiuta proprio a convertirci, a lasciare il peccato per unirci a Cristo, attraverso le armi che ci offre la Chiesa, digiuno, preghiera ed elemosina.
Così le insinuazioni del demonio non saranno più comandi a cui dover obbedire, ma torneranno ad essere “tentazioni”, ovvero le “prove” attraverso le quali saremo purificati, perché risplenda in noi l’immagine e la somiglianza con il Padre.
Affrontate con Cristo, le tentazioni ci dischiudono di nuovo le porte del Paradiso. Sono come i metal detector degli aeroporti. Se in noi è vivo Cristo potremo passare senza che scatti alcun allarme; nessuna arma impropria come l’orgoglio sarà nascosta nel cuore.
Al contrario, la natura divina plasmata in noi dallo Spirito Santo ci farà combattere e resistere. Per questo, “se siamo figli di Dio”, il peccato e la morte non hanno più potere su di noi. Potremo amare senza esigere nulla da nessuno, “vivendo” in pienezza anche nel deserto, saziandoci “di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Non avremo bisogno di piegare gli eventi alle nostre voglie, perché un figlio “non tenta” suo Padre, ma lo conosce e obbedisce alla sua volontà, che ha sperimentato come l’unica buona per lui. E saremo finalmente liberi di vivere senza lacci agli idoli di questo mondo, “servendo e adorando solo Dio”, perché Lui ha cura di noi, ci ama e provvede per i suoi figli sempre e solo il meglio.
QUARESIMA: DAL DESERTO AL GIARDINO DEL RISORTO
La cenere, frutto del fuoco che arde, racchiude il simbolo della purificazione, rimanda alla condizione del nostro corpo, che dopo la morte si decompone e diventa polvere. Cenere destinata alla resurrezione. Quaranta giorni per prendere coscienza che il fuoco dell’amore di Dio consuma il nostro peccato, il cui peso, consumato dalla misericordia di Dio, pesa poco (Enzo Bianchi) Io sono polvere che può diventare argilla, cenere che può diventare brace. Quaranta giorni per offrirmi alla Parola del Vasaio e purificarmi al fuoco dello Spirito. Ciò che il nutrimento fornisce ai corpi, il digiuno lo reca alle anime. Egli è il timone della vita, governa la nave del corpo, leva in altro il cuore, tende le vele dell’albero con le funi dell’astinenza, applica alle anime i remi e con l’ampia vela della sincerità suscita e accoglie tutta la spinta del Soffio celeste, dirigendo e conducendo la nave della nostra carne fra le onde di questo mondo, nella dimora del porto divino (san Pietro Crisologo) Durante il digiuno si andrà alla ricerca del minimo veramente necessario, che lascia il senso di non sazietà, di attesa. Del Signore che viene. Digiuno è tempo da dedicare all’interiorità, al nutrimento della sfera psichica, intellettuale, affettiva, con buone letture, musica, arte, natura; e della sfera spirituale, dell’anima, nella relazione con Dio che mi dice “Non di solo pane…! “. Il mio cibo è la sua Parola. Il vero digiuno è la carità, la speranza, l’impegno, la compassione. È il pensare alla “magrezza” della vita senza il Padre dell’Eterna Abbondanza! Abbiamo bisogno di trovarti, o Dio. Più riceviamo nel silenzio della preghiera, più daremo nella vita attiva. A mani giunte si può agire meglio che agitando le mani (Helder Camara) Quaresima per RIFARSI IL LOOK, per essere bella al tuo cospetto, IN LINEA con la tua volontà, PREfetta, cioè fattaPER Te, Signore! Tempo forte per essere forte! E la ricompensa per la mia quaresima sarà l’abbraccio di Papà, la sua festa, la mensa imbandita per me e, grazie anche a me, per i miei fratelli. Festa di famiglia, con mio Fratello, che ha dato la vita per me; il suo amore mi rende capace di amare tutti. Non occorrono penitenze straordinarie. Basta che sopportiamo con pazienza le comuni tribolazioni della nostra vita: incomprensioni, ingratitudini, umiliazioni, sofferenze causate dal mutare delle stagioni e dell’ambiente in cui viviamo. Esse formano la croce che il peccato ci ha caricato sulle spalle e che Dio ha voluto quale mezzo della nostra redenzione (san Leopoldo Mandic)
Il nostro Dio è gustoso!
Il nostro Dio è gustoso! L’ha detto don Elio nell’omelia a commento del vangelo “voi siete il sale della terra” (Matteo 5, 13).
“Gustate e vedete” scrive Enzo Bianchi. Rubo qualche riflessione…
Le categorie di buono e di bello si apprendono innanzitutto nel gusto. Mangiando l’uomo assume nel proprio corpo il mondo intero, fa del pasto un’occasione di comunione e gusta come la vita provenga fuori di sé. Mangiare è più che nutrirsi, è stabilire un rapporto con la realtà e con gli altri… e con l’Altro. È un atto di sapienza.
Quale mensa per me tu prepari … bontà e grazia mi sono compagne (Salmo 22)
O Signore, sono affamato, voglio essere nutrito! Nutrimi Gesù, nutrimi tutti i giorni della mia vita(spiritual)
Tu mi sazi con fior di frumento, mi nutri con miele di roccia (Salmo 80)
Nel racconto biblico della creazione l’uomo è un essere che ha fame e il mondo intero è il suo cibo. L’uomo deve mangiare per vivere. Egli è quel che mangia e il mondo intero è per l’uomo la tavola di un banchetto universale. L’immagine del banchetto è l’immagine della vita.
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. (Isaia 25,6)
O voi tutti assetati, venite all'acqua, voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti.
Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo». (Matteo 26,26)
Allora l'angelo mi disse: «Scrivi: Beati gli invitati al banchetto di nozze dell'Agnello!». Poi aggiunse: «Queste parole di Dio sono vere». (Apocalisse 19,9)
Il cibo cucinato ha valenza culturale e religiosa. Diversamente dagli animali l’uomo elabora, trasforma, arricchisce quello che mangia e fa del pasto un’occasione di comunione. Mangiare con l’altro è convivialità.
Una certa cultura considera il cibo come carburante e il pasto come rifornimento! La tradizione religiosa mediterranea considera ogni cibo e bevanda come dono di Dio, che crea la vita e accorda all’uomo i mezzi per sostentarla, la tavola come luogo dell’incontro e la cucina come ambito di progresso della civiltà.
Anche il detto “bisogna mangiare per vivere e non vivere per mangiare” è insipiente nel suo ignorare che l’umanizzazione è passata anche attraverso la tavola: la scoperta del fuoco, l’adozione del piatto, il pasto come celebrazione, le tecniche di macellazione e di cultura, miscelazione e presentazione. L’uomo contempla l’opera delle sue mani e ringrazia per i beni ricevuti.
Al fast food, modern food, si mangia qualsiasi cosa, a qualsiasi ora, in qualunque modo, accanto a chiunque, senza ordine, per riacquistare o mantenere la forma.
Ma… la bocca sa che la vita non è suo possesso ma proviene dall’esterno: è dono e gratuità. La bocca testimonia la volontà di vita e assapora il piacere del mangiare; rifiutando il cibo cattivo esprime l’etica primordiale del corpo. Bene e male, buono e cattivo: nello spazio alimentare come spazio vitale prende avvio l’istanza etica.
Gustate e vedete com'è buono il Signore; beato l'uomo che in lui si rifugia. (Salmo 34, 9)
Il pasto è lo spazio e il tempo in cui si manifesta la bontà di Dio, che dà da mangiare a suo tempo, e la bontà di ogni creatura.
Fai scaturire le sorgenti nelle valli e scorrono tra i monti;
ne bevono tutte le bestie selvatiche e gli ònagri estinguono la loro sete.
Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo, cantano tra le fronde.
Dalle tue alte dimore irrighi i monti, con il frutto delle tue opere sazi la terra.
Fai crescere il fieno per gli armenti e l'erba al servizio dell'uomo, perché tragga alimento dalla terra: il vino che allieta il cuore dell'uomo; l'olio che fa brillare il suo volto e il pane che sostiene il suo vigore.
Si saziano gli alberi del Signore, i cedri del Libano da lui piantati.
Là gli uccelli fanno il loro nido e la cicogna sui cipressi ha la sua casa.
Per i camosci sono le alte montagne, le rocce sono rifugio per gli iràci. (Salmo 104, 10-18)
Gesù si è seduto alla tavola dei peccatori, a Cana, a casa di Pietro, di Levi, di Lazzaro, di Zaccheo, di Simone il lebbroso fino ad essere accusato di essere un mangione e un beone. Ha istituito l’eucaristia, vita offerta per gli amici, durante un pasto che era celebrazione liturgica e banchetto di festa.
Preparare da mangiare per un altro significa testimoniargli il nostro desiderio che egli viva bene e il condividere la mensa testimonia la volontà di unire la propria vita a quella del commensale. Far da mangiare per una persona amata è il modo più semplice e concreto per dirgli TI AMO.
L’appetito dell’uomo è infinito perché non appartiene al corpo ma all’anima.
Beata Maria Vergine di Lourdes
(memoria facoltativa)
Giornata Mondiale del Malato
Beata Maria Vergine di Lourdes (o Nostra Signora di Lourdes o Nostra Signora del Rosario o, più semplicemente, Madonna di Lourdes) è l’appellativo con cui la Chiesa cattolica e i fedeli venerano la Madre di Gesù in rapporto ad una delle più venerate apparizioni mariane.
Il nome della località si riferisce al comune francese di Lourdes, nel cui territorio - tra l'11 febbraio ed il 16 luglio 1858 - la giovane Bernadette Soubirous, contadina quattordicenne del luogo, riferì di aver assistito a diciotto apparizioni di una “bella Signora” in una grotta poco distante dal piccolo sobborgo di Massabielle. A proposito della prima apparizione, Bernadette affermò : “Io scorsi una signora vestita di bianco. Indossava un abito bianco, un velo bianco, una cintura blu ed una rosa gialla su ogni piede.”Questa immagine della Vergine, vestita di bianco e con una cintura azzurra che le cingeva la vita, è poi entrata nell'iconografia classica.
Nel luogo indicato da Bernadette, come teatro delle apparizioni, fu posta nel 1864 una statua della Madonna. Intorno alla grotta delle apparizioni è andato nel tempo sviluppandosi un imponente santuario dove si recano, ogni anno, oltre cinque milioni di visitatori (credenti e non credenti) provenienti da ogni parte del mondo.
Dettaglio delle principali apparizioni, secondo il racconto di Bernadette:
· 11 febbraio : prima apparizione. La Signora recita il Rosario, Bernadette si unisce a lei. Al termine della preghiera, la Signora svanisce.
L’abate, sconvolto, non ha più dubbi. Da questo momento il cammino verso il riconoscimento ufficiale delle apparizioni può procedere speditamente. Infatti, entrando alla Basilica Superiore, sulla parete destra in basso, si può leggere incisa nel marmo la dichiarazione solenne del Vescovo, Mons. Laurence, sulle Apparizioni : “Riteniamo che Maria Immacolata, Madre di Dio, è realmente apparsa a Bernadette Soubirous, l'11 febbraio 1858 ed i giorni seguenti, in numero di diciotto volte, nella grotta di Massabielle, nei pressi della città di Lourdes; che questa apparizione riveste tutti i caratteri della verità, e che i fedeli hanno ragioni fondate a crederla certa. Sottoponiamo umilmente il nostro giudizio al giudizio del Sovrano Pontefice, che è incaricato di governare la Chiesa universale.”
Questa dichiarazione del Vescovo di Tarbes è capitale: 4 anni dopo le apparizioni, il 18 gennaio 1862, le riconosce autentiche in nome della Chiesa.
Dall’omelia di Pp Benedetto XVI - Messa per il 150° anniversario delle apparizioni
(Prairie, Lourdes - Domenica, 14 settembre 2008) :
Cari pellegrini, fratelli e sorelle,
[...] Seguendo il percorso giubilare sulle orme di Bernadette, l’essenziale del messaggio di Lourdes ci è ricordato. Bernadette è la maggiore di una famiglia molto povera, che non possiede né sapere né potere, è debole di salute. Maria la sceglie per trasmettere il suo messaggio di conversione, di preghiera e di penitenza, in piena sintonia con la parola di Gesù: “Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25)... E’ dunque una vera catechesi che ci è proposta sotto lo sguardo di Maria. Lasciamo che la Vergine istruisca pure noi e ci guidi sul cammino che conduce al Regno del Figlio suo! [...]
Cari fratelli e sorelle, la vocazione primaria del santuario di Lourdes è di essere un luogo di incontro con Dio nella preghiera, e un luogo di servizio ai fratelli, soprattutto per l’accoglienza dei malati, dei poveri e di tutte le persone che soffrono. In questo luogo Maria viene a noi come la madre, sempre disponibile ai bisogni dei suoi figli. Attraverso la luce che emana dal suo volto, è la misericordia di Dio che traspare. Lasciamoci toccare dal suo sguardo: esso ci dice che siamo tutti amati da Dio, mai da Lui abbandonati! Maria viene a ricordarci che la preghiera, intensa e umile, confidente e perseverante, deve avere un posto centrale nella nostra vita cristiana. La preghiera è indispensabile per accogliere la forza di Cristo. “Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione” (Enc. Deus caritas est, n. 36). [...]
Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra, insegnaci a credere, a sperare e ad amare con te. Indicaci la via verso il regno del tuo Figlio Gesù! Stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino! (cfr Enc. Spe salvi, n.50). Amen.
(memoria facoltativa)
Giornata Mondiale del Malato
Beata Maria Vergine di Lourdes (o Nostra Signora di Lourdes o Nostra Signora del Rosario o, più semplicemente, Madonna di Lourdes) è l’appellativo con cui la Chiesa cattolica e i fedeli venerano la Madre di Gesù in rapporto ad una delle più venerate apparizioni mariane.
Il nome della località si riferisce al comune francese di Lourdes, nel cui territorio - tra l'11 febbraio ed il 16 luglio 1858 - la giovane Bernadette Soubirous, contadina quattordicenne del luogo, riferì di aver assistito a diciotto apparizioni di una “bella Signora” in una grotta poco distante dal piccolo sobborgo di Massabielle. A proposito della prima apparizione, Bernadette affermò : “Io scorsi una signora vestita di bianco. Indossava un abito bianco, un velo bianco, una cintura blu ed una rosa gialla su ogni piede.”Questa immagine della Vergine, vestita di bianco e con una cintura azzurra che le cingeva la vita, è poi entrata nell'iconografia classica.
Nel luogo indicato da Bernadette, come teatro delle apparizioni, fu posta nel 1864 una statua della Madonna. Intorno alla grotta delle apparizioni è andato nel tempo sviluppandosi un imponente santuario dove si recano, ogni anno, oltre cinque milioni di visitatori (credenti e non credenti) provenienti da ogni parte del mondo.
Dettaglio delle principali apparizioni, secondo il racconto di Bernadette:
· 11 febbraio : prima apparizione. La Signora recita il Rosario, Bernadette si unisce a lei. Al termine della preghiera, la Signora svanisce.
- 18 febbraio : terza apparizione. Per la prima volta la Signora rivolge la parola a Bernadette : “Potete avere la gentilezza di venire qui durante quindici giorni?”.
- 21 febbraio : sesta apparizione. La voce si è sparsa e Bernadette viene seguita alla grotta da circa cento persone. Nelle apparizioni successive la folla cresce, alla quindicesima saranno circa ottomila. Al termine Bernadette è interrogata dalla polizia.
- 25 febbraio : nona apparizione. Su richiesta della Signora, Bernadette scava con le mani nel terreno e trova una sorgente d'acqua.
- 1° marzo : dodicesima apparizione. Si verifica il primo miracolo: una donna di nome Caterina Latapie immerge il suo braccio slogato nell'acqua della fonte, e riacquista la mobilità dell'arto.
- 25 marzo : sedicesima apparizione. Finalmente la Signora, che fino ad allora non aveva voluto dire il proprio nome, risponde alla domanda con queste parole pronunciate in dialetto guascone, l'unica lingua che Bernadette comprendeva: “Que soy era Immaculada Councepcio ”(“Io sono l’Immacolata Concezione”).
L’abate, sconvolto, non ha più dubbi. Da questo momento il cammino verso il riconoscimento ufficiale delle apparizioni può procedere speditamente. Infatti, entrando alla Basilica Superiore, sulla parete destra in basso, si può leggere incisa nel marmo la dichiarazione solenne del Vescovo, Mons. Laurence, sulle Apparizioni : “Riteniamo che Maria Immacolata, Madre di Dio, è realmente apparsa a Bernadette Soubirous, l'11 febbraio 1858 ed i giorni seguenti, in numero di diciotto volte, nella grotta di Massabielle, nei pressi della città di Lourdes; che questa apparizione riveste tutti i caratteri della verità, e che i fedeli hanno ragioni fondate a crederla certa. Sottoponiamo umilmente il nostro giudizio al giudizio del Sovrano Pontefice, che è incaricato di governare la Chiesa universale.”
Questa dichiarazione del Vescovo di Tarbes è capitale: 4 anni dopo le apparizioni, il 18 gennaio 1862, le riconosce autentiche in nome della Chiesa.
Dall’omelia di Pp Benedetto XVI - Messa per il 150° anniversario delle apparizioni
(Prairie, Lourdes - Domenica, 14 settembre 2008) :
Cari pellegrini, fratelli e sorelle,
[...] Seguendo il percorso giubilare sulle orme di Bernadette, l’essenziale del messaggio di Lourdes ci è ricordato. Bernadette è la maggiore di una famiglia molto povera, che non possiede né sapere né potere, è debole di salute. Maria la sceglie per trasmettere il suo messaggio di conversione, di preghiera e di penitenza, in piena sintonia con la parola di Gesù: “Hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25)... E’ dunque una vera catechesi che ci è proposta sotto lo sguardo di Maria. Lasciamo che la Vergine istruisca pure noi e ci guidi sul cammino che conduce al Regno del Figlio suo! [...]
Cari fratelli e sorelle, la vocazione primaria del santuario di Lourdes è di essere un luogo di incontro con Dio nella preghiera, e un luogo di servizio ai fratelli, soprattutto per l’accoglienza dei malati, dei poveri e di tutte le persone che soffrono. In questo luogo Maria viene a noi come la madre, sempre disponibile ai bisogni dei suoi figli. Attraverso la luce che emana dal suo volto, è la misericordia di Dio che traspare. Lasciamoci toccare dal suo sguardo: esso ci dice che siamo tutti amati da Dio, mai da Lui abbandonati! Maria viene a ricordarci che la preghiera, intensa e umile, confidente e perseverante, deve avere un posto centrale nella nostra vita cristiana. La preghiera è indispensabile per accogliere la forza di Cristo. “Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione” (Enc. Deus caritas est, n. 36). [...]
Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra, insegnaci a credere, a sperare e ad amare con te. Indicaci la via verso il regno del tuo Figlio Gesù! Stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino! (cfr Enc. Spe salvi, n.50). Amen.
Presentazione del Signore
Candelora (festa)
Per la Chiesa di Gerusalemme, la data scelta per la festa della presentazione fu da principio il 15 febbraio, 40 giorni dopo la nascita di Gesù, che allora l’Oriente celebrava il 6 gennaio, in conformità alla legge ebraica che imponeva questo spazio di tempo tra la nascita di un bambino e la purificazione di sua madre.
Quando la festa, nei secoli VI e VII, si estese in Occidente, fu anticipata al 2 febbraio, perché la nascita di Gesù era celebrata al 25 dicembre.
A Roma, la presentazione fu unita a una cerimonia penitenziale che si celebrava in contrapposizione ai riti pagani delle "lustrazioni". Poco alla volta la festa si appropriò la processione di penitenza che divenne una specie di imitazione della presentazione di Cristo al Tempio.
S. Sergio I (687-701), di origine orientale, fece tradurre in latino i canti della festa greca, che furono adottati per la processione romana. Nel secolo X la Gallia organizzò una solenne benedizione delle candele che si usavano in questa processione; un secolo più tardi aggiunse l’antifona Lumen ad revelationemcon il cantico di Simeone (Nunc dimittis).
Dall’omelia di San Giovanni Paolo II
Basilica Vaticana - Martedì, 2 febbraio 1993
Carissimi fratelli e sorelle, in questa solenne celebrazione della Festa della presentazione di Gesù al Tempio, saluto di cuore tutti voi che siete venuti qui.
1. “Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio” (Lc 2, 27). Le parole, che leggiamo nel brano evangelico dell’odierna liturgia, si riferiscono a Simeone, un pio israelita che “aspettava il conforto d’Israele”, cioè la venuta del Messia. A lui fu affidata la parola della Rivelazione nel momento della presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la sua nascita a Betlemme. L’evangelista sottolinea come su questo uomo timorato di Dio stava lo Spirito Santo (cf. Lc 2, 26), il quale gli aveva preannunciato che “non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia del Signore” (Lc 2, 26). L’evangelista ribadisce in particolare che Simeone, mosso appunto dallo Spirito, si recò al tempio il giorno in cui “i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge” (Lc 2, 27). Insieme a Simeone il testo evangelico presenta anche la profetessa Anna, sottolineando così la sua partecipazione alla Rivelazione del Messia: “Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2, 38).
2. La presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme è strettamente collegata col mistero dell’Epifania. L’Epifania mette infatti in evidenza la presenza e l’azione dello Spirito Santo, che guida gli uomini ad incontrare e a riconoscere il Salvatore e a darne poi testimonianza. Lo Spirito Santo discenderà sugli Apostoli nel giorno della Pentecoste. Nel momento della presentazione la sua presenza anticipa e prepara quel giorno. Anticipa e prepara, 30 anni prima, l’epifania sulla riva del Giordano e tutta la missione messianica di Gesù di Nazaret. Al tempo stesso, la presentazione di Gesù al tempio esprime in maniera drammatica le modalità di tale missione salvifica. Rivolgendosi a Maria, la Madre di Gesù, Simeone dice: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori”(Lc 2, 34-35). Illuminato dallo Spirito Santo, Simeone vede nel Bambino, presentato a Dio da Maria e Giuseppe, Colui che è venuto per prendersi cura dei figli di Abramo. “Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo” (Eb 2, 17). Ma Simeone vede già tutto questo? Lo vede veramente anche la profetessa Anna? La Chiesa, comunque, ritrova tutto ciò nella loro testimonianza. Lo ritrova nelle parole di Simeone. In esse la Chiesa ritrova anche un riferimento spirituale a quel tempio, le cui porte sollevano i propri frontali perché possa entrare il re della gloria (cf. Sal 24 (23),7); Colui che, al tempo stesso, è anche un segno di contraddizione [...] Amen!
Candelora (festa)
Per la Chiesa di Gerusalemme, la data scelta per la festa della presentazione fu da principio il 15 febbraio, 40 giorni dopo la nascita di Gesù, che allora l’Oriente celebrava il 6 gennaio, in conformità alla legge ebraica che imponeva questo spazio di tempo tra la nascita di un bambino e la purificazione di sua madre.
Quando la festa, nei secoli VI e VII, si estese in Occidente, fu anticipata al 2 febbraio, perché la nascita di Gesù era celebrata al 25 dicembre.
A Roma, la presentazione fu unita a una cerimonia penitenziale che si celebrava in contrapposizione ai riti pagani delle "lustrazioni". Poco alla volta la festa si appropriò la processione di penitenza che divenne una specie di imitazione della presentazione di Cristo al Tempio.
S. Sergio I (687-701), di origine orientale, fece tradurre in latino i canti della festa greca, che furono adottati per la processione romana. Nel secolo X la Gallia organizzò una solenne benedizione delle candele che si usavano in questa processione; un secolo più tardi aggiunse l’antifona Lumen ad revelationemcon il cantico di Simeone (Nunc dimittis).
Dall’omelia di San Giovanni Paolo II
Basilica Vaticana - Martedì, 2 febbraio 1993
Carissimi fratelli e sorelle, in questa solenne celebrazione della Festa della presentazione di Gesù al Tempio, saluto di cuore tutti voi che siete venuti qui.
1. “Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio” (Lc 2, 27). Le parole, che leggiamo nel brano evangelico dell’odierna liturgia, si riferiscono a Simeone, un pio israelita che “aspettava il conforto d’Israele”, cioè la venuta del Messia. A lui fu affidata la parola della Rivelazione nel momento della presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme, quaranta giorni dopo la sua nascita a Betlemme. L’evangelista sottolinea come su questo uomo timorato di Dio stava lo Spirito Santo (cf. Lc 2, 26), il quale gli aveva preannunciato che “non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia del Signore” (Lc 2, 26). L’evangelista ribadisce in particolare che Simeone, mosso appunto dallo Spirito, si recò al tempio il giorno in cui “i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge” (Lc 2, 27). Insieme a Simeone il testo evangelico presenta anche la profetessa Anna, sottolineando così la sua partecipazione alla Rivelazione del Messia: “Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2, 38).
2. La presentazione di Gesù al tempio di Gerusalemme è strettamente collegata col mistero dell’Epifania. L’Epifania mette infatti in evidenza la presenza e l’azione dello Spirito Santo, che guida gli uomini ad incontrare e a riconoscere il Salvatore e a darne poi testimonianza. Lo Spirito Santo discenderà sugli Apostoli nel giorno della Pentecoste. Nel momento della presentazione la sua presenza anticipa e prepara quel giorno. Anticipa e prepara, 30 anni prima, l’epifania sulla riva del Giordano e tutta la missione messianica di Gesù di Nazaret. Al tempo stesso, la presentazione di Gesù al tempio esprime in maniera drammatica le modalità di tale missione salvifica. Rivolgendosi a Maria, la Madre di Gesù, Simeone dice: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori”(Lc 2, 34-35). Illuminato dallo Spirito Santo, Simeone vede nel Bambino, presentato a Dio da Maria e Giuseppe, Colui che è venuto per prendersi cura dei figli di Abramo. “Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo” (Eb 2, 17). Ma Simeone vede già tutto questo? Lo vede veramente anche la profetessa Anna? La Chiesa, comunque, ritrova tutto ciò nella loro testimonianza. Lo ritrova nelle parole di Simeone. In esse la Chiesa ritrova anche un riferimento spirituale a quel tempio, le cui porte sollevano i propri frontali perché possa entrare il re della gloria (cf. Sal 24 (23),7); Colui che, al tempo stesso, è anche un segno di contraddizione [...] Amen!
IL VIAGGIO DEI MAGI
TE DEUM LAUDAMUS
TE DEUM LAUDAMUS
Dall’Omelia di S.S. Benedetto XVI
Basilica Vaticana, 31 dic. 2008
Cari fratelli e sorelle!
L’anno che si chiude e quello che si annuncia all’orizzonte sono posti entrambi sotto lo sguardo benedicente della Santissima Madre di Dio. [...]
Tutto dunque, questa sera, ci invita a volgere lo sguardo verso Colei che « accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio e portò al mondo la vita" e proprio per questo - ricorda il Concilio Vaticano II - « viene riconosciuta e onorata come vera Madre di Dio » (Cost. Lumen gentium, 53). Il Natale di Cristo, che in questi giorni commemoriamo, è interamente soffuso della luce di Maria e, mentre nel presepe ci soffermiamo a contemplare il Bambino, lo sguardo non può non volgersi riconoscente anche verso la Madre, che con il suo "sì" ha reso possibile il dono della Redenzione. Ecco perché il tempo natalizio porta con sé una profonda connotazione mariana; la nascita di Gesù, uomo-Dio e la maternità divina di Maria sono realtà tra loro inscindibili; il mistero di Maria ed il mistero dell’unigenito Figlio di Dio che si fa uomo, formano un unico mistero, dove l’uno aiuta a meglio comprendere l’altro. [...]
Questa sera vogliamo porre nelle mani della celeste Madre di Dio il nostro corale inno di ringraziamento al Signore per i benefici che lungo i passati dodici mesi ci ha ampiamente concessi. Il primo sentimento, che nasce spontaneo nel cuore questa sera, è proprio di lode e di azione di grazie a Colui che ci fa dono del tempo, preziosa opportunità per compiere il bene; uniamo la richiesta di perdono per non averlo forse sempre utilmente impiegato. [...] Venendo nel mondo, il Verbo eterno del Padre ci ha rivelato la vicinanza di Dio e la verità ultima sull’uomo e sul suo destino eterno; è venuto a restare con noi per essere il nostro insostituibile sostegno, specialmente nelle inevitabili difficoltà di ogni giorno. E questa sera la Vergine stessa ci ricorda quale grande dono Gesù ci ha fatto con la sua nascita, quale prezioso "tesoro" costituisce per noi la sua Incarnazione. Nel suo Natale Gesù viene ad offrire la sua Parola come lampada che guida i nostri passi; viene ad offrire se stesso e di Lui, nostra certa speranza, dobbiamo saper rendere ragione nella nostra esistenza quotidiana, consapevoli che « solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo » (Gaudium et spes, 22). [...]
Cari fratelli e sorelle, [...]. Anche se all’orizzonte vanno disegnandosi non poche ombre sul nostro futuro, non dobbiamo avere paura. La nostra grande speranza di credenti è la vita eterna nella comunione di Cristo e di tutta la famiglia di Dio. Questa grande speranza ci dà la forza di affrontare e di superare le difficoltà della vita in questo mondo. La materna presenza di Maria ci assicura questa sera che Dio non ci abbandona mai, se noi ci affidiamo a Lui e seguiamo i suoi insegnamenti. A Maria, dunque, con filiale affetto e fiducia, presentiamo le attese e le speranze, come pure i timori e le difficoltà che ci abitano nel cuore...
Lei, la Vergine Madre, ci offre il Bambino che giace nella mangiatoia come nostra sicura speranza.
Pieni di fiducia, potremo allora cantare (in latino con traduzione italiana affiancata >>> Te Deum) a conclusione del TE DEUM : « In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum - Tu, Signore, sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno!». Sì, Signore, in Te speriamo, oggi e sempre; Tu sei la nostra speranza. Amen!
Dall’Omelia di S.S. Benedetto XVI
Basilica Vaticana, 31 dic. 2008
Cari fratelli e sorelle!
L’anno che si chiude e quello che si annuncia all’orizzonte sono posti entrambi sotto lo sguardo benedicente della Santissima Madre di Dio. [...]
Tutto dunque, questa sera, ci invita a volgere lo sguardo verso Colei che « accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio e portò al mondo la vita" e proprio per questo - ricorda il Concilio Vaticano II - « viene riconosciuta e onorata come vera Madre di Dio » (Cost. Lumen gentium, 53). Il Natale di Cristo, che in questi giorni commemoriamo, è interamente soffuso della luce di Maria e, mentre nel presepe ci soffermiamo a contemplare il Bambino, lo sguardo non può non volgersi riconoscente anche verso la Madre, che con il suo "sì" ha reso possibile il dono della Redenzione. Ecco perché il tempo natalizio porta con sé una profonda connotazione mariana; la nascita di Gesù, uomo-Dio e la maternità divina di Maria sono realtà tra loro inscindibili; il mistero di Maria ed il mistero dell’unigenito Figlio di Dio che si fa uomo, formano un unico mistero, dove l’uno aiuta a meglio comprendere l’altro. [...]
Questa sera vogliamo porre nelle mani della celeste Madre di Dio il nostro corale inno di ringraziamento al Signore per i benefici che lungo i passati dodici mesi ci ha ampiamente concessi. Il primo sentimento, che nasce spontaneo nel cuore questa sera, è proprio di lode e di azione di grazie a Colui che ci fa dono del tempo, preziosa opportunità per compiere il bene; uniamo la richiesta di perdono per non averlo forse sempre utilmente impiegato. [...] Venendo nel mondo, il Verbo eterno del Padre ci ha rivelato la vicinanza di Dio e la verità ultima sull’uomo e sul suo destino eterno; è venuto a restare con noi per essere il nostro insostituibile sostegno, specialmente nelle inevitabili difficoltà di ogni giorno. E questa sera la Vergine stessa ci ricorda quale grande dono Gesù ci ha fatto con la sua nascita, quale prezioso "tesoro" costituisce per noi la sua Incarnazione. Nel suo Natale Gesù viene ad offrire la sua Parola come lampada che guida i nostri passi; viene ad offrire se stesso e di Lui, nostra certa speranza, dobbiamo saper rendere ragione nella nostra esistenza quotidiana, consapevoli che « solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo » (Gaudium et spes, 22). [...]
Cari fratelli e sorelle, [...]. Anche se all’orizzonte vanno disegnandosi non poche ombre sul nostro futuro, non dobbiamo avere paura. La nostra grande speranza di credenti è la vita eterna nella comunione di Cristo e di tutta la famiglia di Dio. Questa grande speranza ci dà la forza di affrontare e di superare le difficoltà della vita in questo mondo. La materna presenza di Maria ci assicura questa sera che Dio non ci abbandona mai, se noi ci affidiamo a Lui e seguiamo i suoi insegnamenti. A Maria, dunque, con filiale affetto e fiducia, presentiamo le attese e le speranze, come pure i timori e le difficoltà che ci abitano nel cuore...
Lei, la Vergine Madre, ci offre il Bambino che giace nella mangiatoia come nostra sicura speranza.
Pieni di fiducia, potremo allora cantare (in latino con traduzione italiana affiancata >>> Te Deum) a conclusione del TE DEUM : « In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum - Tu, Signore, sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno!». Sì, Signore, in Te speriamo, oggi e sempre; Tu sei la nostra speranza. Amen!
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ
MARIA E GIUSEPPE
(Festa)
La festa della Santa Famiglia nella liturgia cattolica, nel secolo XVII, veniva celebrata localmente; papa Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, 1878-1903) nel 1895, la fissò alla terza domenica dopo l’Epifania “omnibus potentibus”, ma fu papa Benedetto XV (Giacomo della Chiesa, 1914-1922) che nel 1921 la estese a tutta la Chiesa, fissandola alla domenica compresa nell’ottava dell’Epifania; il Beato Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli, 1958-1963) la spostò alla prima domenica dopo l’Epifania; attualmente è celebrata, salvo eccezioni, nella domenica dopo il Santo Natale.
La celebrazione fu istituita per dare un esempio e un impulso all’istituzione della famiglia, cardine del vivere sociale e cristiano, prendendo a riferimento i tre personaggi che la componevano, figure eccezionali sì ma con tutte le caratteristiche di ogni essere umano e con le problematiche di ogni famiglia.
Numerose Congregazioni religiose sia maschili che femminili, sono intitolate alla Sacra Famiglia, in buona parte fondate nei secoli XIX e XX, come:
- le “Suore della Sacra Famiglia”, fondate a Bordeaux nel 1820 dall’abate P. B. Noailles, dette anche ‘Suore di Loreto’;
- le “Suore della Sacra Famiglia di Nazareth” fondate nel 1875 a Roma, dalla polacca Siedliska;
- le “Piccole Suore della Sacra Famiglia” fondate nel 1892, dal beato Nascimbeni a Castelletto di Brenzone (Verona);
- i “Preti e fratelli della Sacra Famiglia” fondati nel 1856 a Martinengo, dalla beata Paola Elisabetta Cerioli;
- i “Figli della Sacra Famiglia” fondati nel 1864 in Spagna da José Mananet;
- e tante altre...
Papa Benedetto XVI : Angelus - Piazza San Pietro -
(Domenica, 28 dicembre 2008)
Cari fratelli e sorelle!
In questa domenica, che segue il Natale del Signore, celebriamo con gioia la Santa Famiglia di Nazaret. Il contesto è il più adatto, perché il Natale è per eccellenza la festa della famiglia. Lo dimostrano tante tradizioni e consuetudini sociali, specialmente l’usanza di riunirsi insieme, in famiglia appunto, per i pasti festivi e per gli auguri e lo scambio dei doni; e, come non rilevare che in queste circostanze, il disagio e il dolore causati da certe ferite familiari vengono amplificati? Gesù ha voluto nascere e crescere in una famiglia umana; ha avuto la Vergine Maria come mamma e Giuseppe che gli ha fatto da padre; essi l’hanno allevato ed educato con immenso amore. La famiglia di Gesù merita davvero il titolo di "santa", perché è tutta presa dal desiderio di adempiere la volontà di Dio, incarnata nell’adorabile presenza di Gesù. Da una parte, è una famiglia come tutte e, in quanto tale, è modello di amore coniugale, di collaborazione, di sacrificio, di affidamento alla divina Provvidenza, di laboriosità e di solidarietà, insomma, di tutti quei valori che la famiglia custodisce e promuove, contribuendo in modo primario a formare il tessuto di ogni società. Al tempo stesso, però, la Famiglia di Nazaret è unica, diversa da tutte, per la sua singolare vocazione legata alla missione del Figlio di Dio. Proprio con questa sua unicità essa addita ad ogni famiglia, e in primo luogo alle famiglie cristiane, l’orizzonte di Dio, il primato dolce ed esigente della sua volontà, la prospettiva del Cielo al quale siamo destinati. Per tutto questo oggi rendiamo grazie a Dio, ma anche alla Vergine Maria e a San Giuseppe, che con tanta fede e disponibilità hanno cooperato al disegno di salvezza del Signore.
[...] affidiamo al Signore ogni famiglia, specialmente quelle più provate dalle difficoltà della vita e dalle piaghe dell’incomprensione e della divisione. Il Redentore, nato a Betlemme, doni a tutte la serenità e la forza di camminare unite nella via del bene.
_________________
Preghiera alla Santa Famiglia di San Giovanni Paolo II:
« O Santa Famiglia di Nazareth, comunità d’amore di Gesù, Maria e Giuseppe, modello e ideale di ogni famiglia cristiana, a te affidiamo le nostre famiglie.
Apri il cuore di ogni focolare domestico alla fede, all’accoglienza della Parola di Dio, alla testimonianza cristiana, perché diventi sorgente di nuove e sante vocazioni.
Disponi le menti dei genitori, affinché con carità sollecita, cura sapiente e pietà amorevole, siano per i figli guide sicure verso i beni spirituali ed eterni.
Suscita nell’animo dei giovani una coscienza retta ed una volontà libera, perché crescendo in sapienza, età e grazia, accolgano generosamente il dono della vocazione divina.
Santa Famiglia di Nazareth, fa’ che tutti, contemplando ed imitando la preghiera assidua, l’obbedienza generosa, la povertà dignitosa e la purezza verginale vissuta in te, ci disponiamo a compiere la volontà di Dio e ad accompagnare con previdente delicatezza quanti tra noi sono chiamati a seguire più da vicino il Signore Gesù, che per noi ha dato sé stesso. Amen ».
(Omelia 26.12.1993).
LE AMICHE DI GESU'
|
|
|
MEDITAZIONE DI TONINO BELLO SULLA QUARESIMA
MESSAGGIO QUARESIMALE DI SAN GIOVANNI PAOLO II

messaggio_per_la_quaresima_2004.webarchive | |
File Size: | 1508 kb |
File Type: | webarchive |
QUELLA STELLA BRILLAVA PER TUTTI
Quella stella brillava per tutti, ma non tutti sapevano leggerne il significato.
I magi sapevano che bisognava alzare lo sguardo, che la terra è fatta anche di cielo.
Per camminare bene dentro a questo mondo dobbiamo seguire la voce dei profeti:
“Alza il capo e guarda”.
È necessario mettersi in cammino guardando avanti e cercare.
Anche senza sapere si arriva, fidandosi della stella che ci guida
e perseverando nei momenti in cui essa è poco visibile o sparisce.
Una volta arrivati vicinissimi alla meta, i magi non avrebbero saputo trovarla
senza l’illuminazione decisiva della Scrittura.
Anche noi, cercatori come i magi, potremmo capovolgere la ricerca di Erode e dare bellezza alle parole:
“Andate e informatevi accuratamente del Bambino”,
diteci come l’avete trovato, dov’è la sua casa, quale stella avete seguito,
fatecelo sentire vicino, perché anche noi possiamo venire ad adorarlo con i nostri piccoli doni,
con quello che siamo e con quello che abbiamo.
L’incontro con Dio che si fa bambino è accessibile a tutti, anche ai più lontani.
Quella stella brillava per tutti, ma non tutti sapevano leggerne il significato.
I magi sapevano che bisognava alzare lo sguardo, che la terra è fatta anche di cielo.
Per camminare bene dentro a questo mondo dobbiamo seguire la voce dei profeti:
“Alza il capo e guarda”.
È necessario mettersi in cammino guardando avanti e cercare.
Anche senza sapere si arriva, fidandosi della stella che ci guida
e perseverando nei momenti in cui essa è poco visibile o sparisce.
Una volta arrivati vicinissimi alla meta, i magi non avrebbero saputo trovarla
senza l’illuminazione decisiva della Scrittura.
Anche noi, cercatori come i magi, potremmo capovolgere la ricerca di Erode e dare bellezza alle parole:
“Andate e informatevi accuratamente del Bambino”,
diteci come l’avete trovato, dov’è la sua casa, quale stella avete seguito,
fatecelo sentire vicino, perché anche noi possiamo venire ad adorarlo con i nostri piccoli doni,
con quello che siamo e con quello che abbiamo.
L’incontro con Dio che si fa bambino è accessibile a tutti, anche ai più lontani.
AVVENTO CON MARIA

avvento_con_maria.docx | |
File Size: | 17 kb |
File Type: | docx |
CRISTO RE

cristo_re.doc | |
File Size: | 25 kb |
File Type: | doc |
Preghiamo per i defunti

preghiamo_per_i_defunti_di_autori_cristiani.docx | |
File Size: | 30 kb |
File Type: | docx |
Parole, Parole Parole

stefania-1.docx | |
File Size: | 16 kb |
File Type: | docx |

LA MADONNA E I FIGLI SPROVVEDUTI
Nel mondo ci sono due categorie di persone: gli sprovveduti (tanti) e i furbi che vivono e ridono sulle loro spalle.
E’ stato sempre così. Tra gli antichi romani girava questo detto: “Si vulgus decipi vult, decipiatur” che, liberamente tradotto, suona così: “Se la gente vuole essere ingannata, ingannatela”. E nel Medio Evo girava un’altra frase, in un latino maccheronico ma forse più incisivo: “Si inveneris hominem cuccabilem, cucca eum” che possiamo tradurre così: “Se trovi una persona fregabile, fregala”.
Questa frase potrebbe essere il motto ufficiale di tutte quelle persone che vanno sotto il nome di “maghi, astrologi, cartomanti” ecc.. Non c’è canale televisivo dove non compaia un mago o un cartomante che, nel corso di trasmissioni a pagamento, predice il futuro, vende talismani e oggetti miracolosi, promettendo la vincita al lotto, la salute, la conquista della persona amata. Sono i furbi che fanno affari d’oro sulla credulità dei “semplici”. Tra i cattolici, i “semplici” sono legioni. Si sa che i cattolici amano, giustamente, la Madonna.
Ma per molti non è una vera devozione, come Maria vuole, ma una forma di superstizione, perché la Madre di Gesù viene usata come un talismano.
In questi giorni, sta girando sui cellulari di nuova generazione, i cosiddetti “smartphon”, una specie di “catena di S. Antonio” con messaggi come questo: “Benedizione da Medjugorje…ti chiedo di recitare ora a bassa voce ‘puoi entrare Madonna io ho bisogno di te, pulisci il mio cuore con le tue lacrime, benedici la mia casa’. Inviala a 10 persone e riceverai un miracolo, se lo respingi, ricorda che ella disse: “Se mi respingi fra gli uomini, io ti rinnegherò davanti al Padre”. Tra 4 minuti ti daranno una buona notizia. Fidati un abbraccio”. E’ un messaggio della Madonna o un trucco dei furbi per gli sprovveduti?
E’ sicuramente un trucco per gli sprovveduti a vantaggio dei furbi. Come faccio a saperlo?
E’ molto semplice.
E’ un trucco a vantaggio dei furbi che, in questo modo accedono alle mail degli ingenui che hanno inviato a destra e manca i loro messaggi, con non pochi rischi.
E’ un trucco per gli sprovveduti perché la frase attribuita a Maria, (“Se mi respingi fra gli uomini ecc,”) è di Gesù Cristo (Matteo 10,32-33). Maria non si sostituisce a suo Figlio. Trucchi come questo sono ispirati da Satana (parola di esorcista!). I favori di Dio non si ricevono inviando messaggi a dieci persone entro quattro minuti. Dio non fa miracoli in serie per dimostrare la sua bontà. Il “miracolismo” denuncia una desolante mancanza di fede; è la pretesa di avere un Dio “facile” su nostra misura, a nostra immagine, secondo i nostri gusti. Ma un Dio “facile” non è più il vero Dio. E’ un idolo. E anche la fede non è mai facile e Dio non intende facilitarcela. Oggi si corre il rischio di una “religione materialista” basata su segni esteriori. Messaggi come questi trasformano Dio in un distributore automatico: si introduce una moneta e quello distribuisce il prodotto desiderato. Si inviano messaggi a dieci persone e Dio ci distribuisce il miracolo desiderato, con una differenza. Il distributore automatico eroga il prodotto subito. Il distributore-Dio impiega 4 minuti. Ditemi voi se questa non è superstizione e della peggiore specie. E’ un peccato che il Signore perdona sempre, anche perché commesso da chi, per ignoranza, non si rende conto. Ma perché certi “devoti” sono così ignoranti nelle cose di Dio? Fratellini, meno miracolismo e più fede!
Don Paolo
Nel mondo ci sono due categorie di persone: gli sprovveduti (tanti) e i furbi che vivono e ridono sulle loro spalle.
E’ stato sempre così. Tra gli antichi romani girava questo detto: “Si vulgus decipi vult, decipiatur” che, liberamente tradotto, suona così: “Se la gente vuole essere ingannata, ingannatela”. E nel Medio Evo girava un’altra frase, in un latino maccheronico ma forse più incisivo: “Si inveneris hominem cuccabilem, cucca eum” che possiamo tradurre così: “Se trovi una persona fregabile, fregala”.
Questa frase potrebbe essere il motto ufficiale di tutte quelle persone che vanno sotto il nome di “maghi, astrologi, cartomanti” ecc.. Non c’è canale televisivo dove non compaia un mago o un cartomante che, nel corso di trasmissioni a pagamento, predice il futuro, vende talismani e oggetti miracolosi, promettendo la vincita al lotto, la salute, la conquista della persona amata. Sono i furbi che fanno affari d’oro sulla credulità dei “semplici”. Tra i cattolici, i “semplici” sono legioni. Si sa che i cattolici amano, giustamente, la Madonna.
Ma per molti non è una vera devozione, come Maria vuole, ma una forma di superstizione, perché la Madre di Gesù viene usata come un talismano.
In questi giorni, sta girando sui cellulari di nuova generazione, i cosiddetti “smartphon”, una specie di “catena di S. Antonio” con messaggi come questo: “Benedizione da Medjugorje…ti chiedo di recitare ora a bassa voce ‘puoi entrare Madonna io ho bisogno di te, pulisci il mio cuore con le tue lacrime, benedici la mia casa’. Inviala a 10 persone e riceverai un miracolo, se lo respingi, ricorda che ella disse: “Se mi respingi fra gli uomini, io ti rinnegherò davanti al Padre”. Tra 4 minuti ti daranno una buona notizia. Fidati un abbraccio”. E’ un messaggio della Madonna o un trucco dei furbi per gli sprovveduti?
E’ sicuramente un trucco per gli sprovveduti a vantaggio dei furbi. Come faccio a saperlo?
E’ molto semplice.
E’ un trucco a vantaggio dei furbi che, in questo modo accedono alle mail degli ingenui che hanno inviato a destra e manca i loro messaggi, con non pochi rischi.
E’ un trucco per gli sprovveduti perché la frase attribuita a Maria, (“Se mi respingi fra gli uomini ecc,”) è di Gesù Cristo (Matteo 10,32-33). Maria non si sostituisce a suo Figlio. Trucchi come questo sono ispirati da Satana (parola di esorcista!). I favori di Dio non si ricevono inviando messaggi a dieci persone entro quattro minuti. Dio non fa miracoli in serie per dimostrare la sua bontà. Il “miracolismo” denuncia una desolante mancanza di fede; è la pretesa di avere un Dio “facile” su nostra misura, a nostra immagine, secondo i nostri gusti. Ma un Dio “facile” non è più il vero Dio. E’ un idolo. E anche la fede non è mai facile e Dio non intende facilitarcela. Oggi si corre il rischio di una “religione materialista” basata su segni esteriori. Messaggi come questi trasformano Dio in un distributore automatico: si introduce una moneta e quello distribuisce il prodotto desiderato. Si inviano messaggi a dieci persone e Dio ci distribuisce il miracolo desiderato, con una differenza. Il distributore automatico eroga il prodotto subito. Il distributore-Dio impiega 4 minuti. Ditemi voi se questa non è superstizione e della peggiore specie. E’ un peccato che il Signore perdona sempre, anche perché commesso da chi, per ignoranza, non si rende conto. Ma perché certi “devoti” sono così ignoranti nelle cose di Dio? Fratellini, meno miracolismo e più fede!
Don Paolo

CI MANCHI TANTO!
Il 10 c. m. il Signore ci ha privati di un sacerdote straordinario.
Don Franco svolgeva il servizio di cappellano dell’INRCA
e di collaboratore della nostra parrocchia.
Don Franco non aveva idoli, non era ingabbiabile
perché era servo di un solo padrone,
di Dio il cui amore lo rendeva gioioso e libero.
Tutti i giorni, con la sua macchinetta ammaccata e sgangherata,
correva all’ospedale per il servizio ai malati
che lo aspettavano con impazienza, perché portava serenità e allegria.
Spesso veniva chiamato di notte, per dare i sacramenti ai moribondi,
un servizio pesante per un uomo della sua età.
Per i capricci del suo cuore malandato,
lo vedevamo camminare con passo lento e stanco
ma col volto sempre sorridente e gioioso.
Era amico amato e cercato da tante persone,
anche da chi era lontano dalla Chiesa,
perché non etichettava e non giudicava nessuno.
Per P. Socrate e per me, che abbiamo convissuto con lui,
era un fratello che nei momenti difficili ci aiutava con rispetto e delicatezza
ma con parole di verità.
Caro don Franco, ci manchi tanto
ma niente avviene per caso.
Al termine di una giornata faticosa a servizio di Dio e dei fratelli,
il Signore ha detto:
“ Basta così, Franco! Il tuo compito è finito.
Sei stato bravo.
Hai fatto quello che volevo da te. Vieni!”.
Don Paolo